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Con la pandemia si sono ridotte del 52% le nuove diagnosi tumore

Oncologia Redazione DottNet | 14/05/2020 18:07

Si sono registrati ritardi nel 64% degli interventi chirurgici e le visite sono diminuite del 57%

La pandemia di Covid-19 ha fatto sentire i suoi pesantissimi effetti anche in termini di prevenzione delle malattie oncologiche. In questi mesi di lockdown, le nuove diagnosi di cancro e le biopsie si sono infatti ridotte del 52%, si sono registrati ritardi nel 64% degli interventi chirurgici e le visite sono diminuite del 57%.  L'impatto dell'emergenza coronavirus sulla cura del cancro in Italia è così fotografato da pazienti e società scientifiche a pochi giorni dalla XV Giornata del malato oncologico che si celebra domenica. Senza dimenticare che nel 2019, in Italia, sono stati stimati 371mila nuovi casi di cancro. Da qui il forte appello di oncologi e malati: servono interventi urgenti, perchè "i tumori non sono meno gravi del Covid-19 e ulteriori ritardi nella programmazione e assistenza rischiano di compromettere le possibilità di sopravvivenza".

Per questo, per affrontare la Fase 2, la FAVO (in rappresentanza di 500 associazioni di pazienti) ha realizzato un documento programmatico che tocca diversi punti cruciali. Messo a punto con oncologi (AIOM), radioterapisti (AIRO), chirurghi (SICO), psico-oncologi (SIPO) e infermieri (FNOPI), il documento sottolinea come per il ritorno alla normalità sono necessari il potenziamento della medicina del territorio, la riattivazione degli screening, attrezzature più moderne per abbreviare la permanenza in ospedale, meno ostacoli burocratici per le tutele sociali ed effettiva realizzazione delle Reti oncologiche regionali, con investimenti importanti nella medicina di precisione. "Nella fase 2, tutti i pazienti possono rivolgersi, con fiducia e serenità, alle loro strutture di riferimento, dove sono stati attivati protocolli specifici per la protezione dal contagio - si legge nel Documento -. Invitiamo i pazienti oncologici e le loro famiglie a superare ogni riserva e a non trascurare diagnosi e trattamenti per immotivate paure di contagio, anche per non compromettere i brillanti successi che negli ultimi anni sono stati raggiunti nella cura del cancro".

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Fondamentale nella Fase 2, affermano gli oncologi, è anche l'integrazione tra strutture ospedaliere e territorio, prevedendo il trattamento oncologico domiciliare in tutte le situazioni cliniche che lo consentono. Un ruolo di primo piano in questo senso va attribuito alla figura dell'infermiere di famiglia e di comunità in tutte le Regioni, come previsto nel Patto per la Salute 2019-2021 per le cronicità, oggi introdotta in modo disomogeneo sul territorio nazionale. Le Associazioni di pazienti e le società chiedono inoltre, fino a quando la pandemia non sarà sconfitta, il monitoraggio a domicilio delle persone colpite da tumore per una diagnosi precoce del Covid-19.  Anche gli interventi chirurgici devono riprendere a pieno ritmo.  "Nella fase 2 - è scritto nel Documento - va incrementata l'attività di chirurgia oncologica del 20-30%, per permettere la progressiva presa in carico dei pazienti non trattati nei mesi dell'emergenza ed è necessario creare posti aggiuntivi di terapia semi-intensiva post-operatoria. Inoltre è opportuno estendere l'obbligo di eseguire tamponi per Covid-19 e l'eventuale sierologia per i pazienti candidati a chirurgia oncologica, pur in assenza di sintomi".

Tutti questi obiettivi "possono essere realizzati solo con il coinvolgimento attivo delle Associazioni dei pazienti. Ciò potrebbe costituire la vera innovazione per l'oncologia del futuro: un nuovo modello - conclude il documento - tarato sulle reali necessità e sui bisogni dei pazienti, che solo chi ha vissuto la malattia può conoscere a fondo".

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